Per i principianti armare una vela da windsurf e preparare al meglio la tavola, valutando il risultato ottenuto, è un'operazione piena di incognite. Riceviamo nel forum di Waterwind tante richieste al riguardo. Visto che dalle performance della vela e della tavola in acqua dipende una parte importante del nostro divertimento, abbiamo ritenuto opportuno pubblicare questo articolo - scritto a 4 mani da Nico e Fabio - per alleviare le pene dei "giovani" surfisti.
Windsurf: la preparazione della tavola e della vela
Eccoci qua. Dopo aver scelto (grazie anche alla nostra guida per i principianti per la scelta dell'attrezzatura), noleggiato o acquistato l'attrezzatura per iniziare, è il momento di passare all'azione… o quasi!
Sì, perché se siamo andati in un centro specializzato come quelli sul Lago di Garda, la tavola ed il rig sono già pronti per essere messi in acqua, altrimenti dovremo preparare il tutto per la nostra prima avventura. Vediamo allora questo secondo caso.
Avremo: la sacca in cui è custodita la vela, due pali in vetroresina o carbonio, cioè le due sezioni dell'albero, un tubo più o meno ad elisse, cioè il boma, un innesto a tappo con carrucole, ormai sempre provvisto di un tubo-prolunga, il piede d'albero, ormai sempre con snodo flessibile da attaccare alla tavola, nel binario del track.
Il "pezzo di tubo" di cui si parlava sopra, in alluminio (o carbonio), è appunto la prolunga, e va messa tra il piede d'albero e l'albero, e serve per allungare l'albero di quel tanto che basta per la vela che possediamo. Teniamo conto che, invece, se la vela ha il vario-top, cioè una specie di cappuccio in cima da regolare con un nastro o con delle corde, e l'albero è appena più lungo della tasca d'albero della stessa, la prolunga potrebbe non servire (questo avviene di solito sulle vele scuola e sulle misure piccole delle vele wave). Non è però detto che con questa soluzione, si ottenga il miglior risultato in termini di performance. L'albero più lungo potrebbe risultare più rigido di quello raccomandato per la vela, che, quindi, potrebbe risultare in acqua più "nervosa", con accelerazioni indotte alla tavola più nervose.
Dalla parte della tavola, avremo: la tavola appunto, la deriva a scomparsa (nelle tavole beginner), la pinna attaccata sotto a poppa, e la basetta d'albero, molto spesso, oramai diremmo sempre per le moderne attrezzature, integrata con lo snodo flessibile (l'insieme è detto piede d'albero); è un componente che andrà avvitato nel track della tavola, e collegato solo all'ultimo momento al rig.
Consiglio pratico: indipendentemente dalla presentazione che segue, sarà meglio preparare e portare in spiaggia prima la tavola, completa di pinna e piede d'albero, e solo dopo poi il rig, specie in presenza di vento medio o forte, e in luoghi dove la vela se lasciata da sola potrebbe volare via.
PREPARAZIONE DELLA VELA
Prima di tutto, riassumiamo le fasi che poi si esamineranno in dettaglio:
1) estraggo e srotolo la vela;
2) congiungo i due pezzi dell'albero (con vento forte potrebbe convenire fare prima questa operazione, per avere l'albero pronto da infilare nella tasca d'albero, e non far volare via la vela);
3) infilo l'albero dal basso della vela fino a bloccare la punta nel tappo terminale;
4) inserisco nella base la prolunga;
5) passo la cima di caricabasso nell'anello o nella carrucola alla base della vela, costruisco il paranco del caricabasso, e cazzo di caricabasso a fondo;
6) inserisco il boma dalla base, lo posiziono a metà dell'apertura all'albero (ma l'esatta posizione dipende dall'altezza del rider e dai gusti personali) e chiudo la leva della maniglia;
7) collego la scotta del terminale del boma, all'anello di bugna corrispondente della vela, e cazzo la stessa;
8) sono pronto, collego il rig alla tavola per entrare in acqua.
Allora, vediamole con calma. Per prima cosa estraiamo dalla custodia e srotoliamo la vela, possibilmente su una superficie liscia e non ruvida o meglio su un prato; ah po' sembrare una banalità, ma se non riponiamo in auto (o da qualche altra parte) la custodia, almeno leghiamola con un nodo ad un palo, non sapete quante custodie sono sparite nel vento... Le vele, ed anche gli altri componenti del rig - boma, e prolunga - sono in genere progettati per essere più comodamente assemblati mure a dritta, ovvero con il lato che prende vento quando navigate mure a dritta rivolto verso l'alto (e non appoggiato direttamente al terreno su cui armate). In tal modo, ad esempio, vi sarà più agevole accedere allo strozzatore della prolunga, o chiudere la maniglia del boma.
Poi prendiamo i due pezzi dell'albero, li uniamo e li infiliamo un po' alla volta dal basso nella tasca d'albero. Attenzione nel congiungere i due pezzi dell'albero o - fase successiva - l'albero alla prolunga nella sabbia, si rischia, una volta bagnato il tutto, di trovarlo incastrato! Anche per questo, vi consigliamo di armare, se possibile, non sulla sabbia, ma su una superficie pulita. Se proprio dovete armare sulla sabbia, fate in modo che la sabbia non entri in alcun modo nelle giunzioni dei vari componenti. Inoltre, quando uscite al mare, è quasi obbligatorio, per evitare sorprese, coprire la giunzione tra top e bottom dell'albero con del grey tape, che evita alla sabbia di infilarsi all'interno della giunzione, costringendovi ad operazioni noiose a fine uscita per separare i due pezzi.
Ricordiamoci però che dovremo prima predisporre albero e prolunga in modo che la somma della lunghezza dell'albero e della prolunga pre-regolata da noi corrispondano a quanto stampato sulla vela con "luff". Se invece usiamo una vela con il vario-top - cioe` il cappuccio terminale con nastro regolabile in lunghezza - e un albero più lungo della misura scritta come luff, dovremo allungare il nastro in cordura del vario top quel tanto di differenza fra i due. Attenzione, però, che si tratta di un'operazione accettabile solo entro certi limiti! All'aumentare della lunghezza dell'albero, varia il raggio di curvatura dello stesso sotto sforzo (IMCS) e la rigidità dello stesso. Se usate un albero troppo rigido, o con un IMCS non adatto a quella vela, pregiudicherete le prestazioni che la vela, poi, vi renderà in acqua.
L'albero farà appena un po' di fatica ad entrare nella tasca, perché quest'ultima è curva, mentre l'albero, inizialmente, è diritto; non preoccupatevi, non è un difetto della vela, è normale... In genere, è necessario agevolare lo scorrimento dell'albero nella tasca, tirando quest'ultima verso la base dell'albero, prima con la mano destra e poi con la sinistra (come detto le vele sono progettate per essere armate mure a dritta). Una volta inserito l'albero fino in fondo, verificare che la punta dello stesso si sia bloccata nel cappuccio terminale della vela, che potrà essere esterno se la stessa ha il vario-top, cioè il top regolabile, o una sorta di tappo interno (puntale), posto in cima alla fine della tasca d'albero (in questo caso, fate molta attenzione che non vi sia entrata sabbia tra puntale e punta dell'albero).
Poi controllate che tutte le stecche siano posizionate da una parte dell'albero; di solito le case consigliano che il logo della vela sia leggibile (vedi discorso fatto sopra in merito al lato migliore per armare le vele), ma le stecche siano tutte sotto l'albero. Adesso ci sembrerà che le stecche un po sforzino la tasca, ma dobbiamo ancora dare tensione alla vela, per cui non occorre preoccuparsi.
Dopo di che, prendiamo la prolunga (ormai, quasi tutte hanno la base d'albero già integrata) e la infiliamo all'estremità inferiore dell'albero, come un tappo, con le carrucoline dalla parte della vela, e cominciamo a passare la scotta di caricabasso, attaccata alla prolunga, nell'anello, o nelle carrucoline poste alla base della vela; in genere sono normali 3 passaggi.
Prima di tirare la scotta di caricabasso, è importante essere sicuri che l'innesto fra le due parti dell'albero sia perfetto, altrimenti potremmo causare rotture all'albero, specie se è con un'alta percentuale di carbonio (in caso di uso del grey tape, in corrispondenza della giunzione, questo passaggio può essere evitato, in quanto il nastro evita che, durante le operazioni sin qui descritte, top e bottom dell'albero possano essersi lievemente separati).
Adesso dovremo tirare con una certa forza la scotta dell'albero o caricabasso, posizionandoci seduti a terra, e spingendo con un piede contro la base dell'albero, e bloccare la cima nello strozzascotte. Cerchiamo di piegare le gambe e di spingere, distendendo quella puntata contro la base dell'albero, evitando di lavorare troppo con i muscoli della schiena col rischio di strappi.
Anzi, è consigliabile l'utilizzo di un tirascotte, anche ricavato da un vecchio manico di scopa (o qualsiasi utensile tubolare in metallo), al quale avremo fatto due fori vicini (nel caso del manico di scopa) al centro per far passare la cima; oppure, se siete pratici di nodi marinari, potete semplicemente fare due mezzi colli sull'utensile tubolare e cazzare. Se non abbiamo questi utensili, potremo usufruire della barra del gancio del trapezio che può funzionare discretamente per lo scopo.
Noteremo che l'albero si incurva e la vela perde in parte le sue pieghe ed anzi assume una forma un po' panciuta da una parte; fermiamoci un secondo, e prima di cazzare (cioè tirare) a fondo controlliamo che le stecche siano tutte da una parte, e se ne fosse rimasta una dal'altra spingiamola di la` con delicatezza. Quanto cazzare il caricabasso, dipende dalle istruzioni del produttore, e più in generale dall'intensità del vento durante la sessione. Le vele hanno un range d'intensità del vento, all'interno del quale possono essere impiegate al meglio, che dipende dal peso del rider. Cazzando poco di caricabasso, la vela sventerà poco in balumina (profilo esterno della vela a poppa, nella parte superiore), e sarà più potente. Cazzando molto, si farà sventare molto la vela in balumina, ed essa risulterà meno potente. Tra i due estremi, c'è la regolazione intermedia.
Poi, prendiamo il boma, che avremo allungato un po' di più, diciamo fino a massimo 3-4 cm più della lunghezza scritta sulla vela e/o sulla sua custodia (vedi indicazione "boom"), lo passiamo dalla base della vela, e con la maniglia, cioè la parte dotata del meccanismo di fissaggio a leva, dalla parte dell'albero, meccanismo che avremo completamente aperto prima, lascando al massimo il relativo cordino (quando sarete esperti, avrete imparato ad avere già regolata la misura giusta della scottina della maniglia del boma). Ah, se al boma sono attaccate due corde ad "U" una per parte, cioè le cimette del trapezio, dovranno esser rivolte verso il basso e l'esterno, cioè verso la base dell'albero, come egualmente la cima di recupero dovrà spuntare verso il basso.
Posizioniamo la maniglia in corrispondenza dell'apposita apertura della tasca d'albero sulla vela, indicativamente verso la metà se siamo persone alte all'incirca 1,75 m., sopra se siamo oltre (ma la cosa varia da vela a vela), e facciamo entrare l'albero nella maniglia; poi, prendiamo l'anello di cordicella a "u" e agganciamolo sul fermo della maniglia; chiudiamo la leva esterna per bloccare il tutto (riaprendo e tirando un po' la cordicella se il blocco è un po' lasco).
Blocchiamo quindi le clips del terminale del boma in modo che la sua lunghezza sia quella prescritta dalle specifiche della vela (con il tempo e l'esperienza, gestiremo quasi autonomamente questa regolazione in funzione di quanta pancia/potenza vorremo dare alla vela, in relazione alle condizioni dell'uscita che ci accingiamo a fare). Poi, prendiamo la cimetta che è attaccata al terminale del boma, la passiamo due volte nell'anello di bugna della vela e nei fori del terminale del boma stesso, e poi, tiriamo questa cima, detta scotta di bugna, fino a portare l'estremità della vela a contatto con il terminale del boma. Arrotoliamo la cima che avanza intorno alla bugna, e blocchiamone l'estremità, con un nodo d'arresto.
Se in ogni caso la vela toccasse il piede d'albero, vuol dire che non abbiamo regolato correttamente l'insieme prolunga+albero, secondo le indicazioni scritte sulla vela come "luff", cioè tasca d'albero (anzi meglio sempre lasciare qualche cm in più, per avere un margine per cazzare ulteriormente di caricabasso e depotenziare la vela, in caso di bisogno), oppure che il nostro albero è un po' più morbido di quello previsto per la vela. Verifichiamo rapidamente le misure. Se necessario, molliamo la scotta e la laschiamo, e allunghiamo di una tacca la prolunga, per poi ritirare il tutto, senza mollare la bugna.
Una volta tesata bene la base della vela, o come si dice, cazzata di caricabasso, la cima che avanza la arrotoliamo rapidamente intorno alla base della prolunga, senza però interferire con il meccanismo, o il pulsante di innesto, della prolunga nel piede d'albero. La parte che avanza ulteriormente la potete riporre nella tasca in tessuto traforato che c'è all'interno della parte terminale della tasca d'albero della maggior parte delle vele.
Infine, solo se le stecche non fossero già correttamente regolate, muniti di chiave a brugola, come in tutte le vele moderne (in genere in dotazione e custodita nella sacca della vela), o agendo sulla fettuccia (solo per le vele più datate), le tensioniamo bene, cioè con l'obiettivo di far sparire le pieghe/ondulazioni dal tessuto della vela intorno alla tasca della stecche. Non esagerate (cioè, non andate oltre questo obiettivo preciso), per non compromettere le prestazioni della vela.
Importante! Ricordiamoci a questo punto assolutamente di passare l'anello elastico terminale della cima di recupero della vela intorno alla base della prolunga, per non entrare in acqua con la prolunga già innestata nel piede d'albero, e dover allora staccare il rig dalla tavola… La cima di recupero dovrebbe rimanere tesa a fianco alla tasca d'albero. Non deve penzolare, scostandosi dalla tasca. In tal caso, infatti, in occasione della waterstart, puntualmente, finirebbe per impigliarsi nelle straps, ritardando/ostacolando l'esecuzione della manovra. A tal fine, basta fare dei nodi sulla cima di recupero (verso la maniglia del boma), che vi risulteranno anche utili per far presa sulla cima, mentre state recuperando.
Ok, il rig adesso è pronto! Dovrebbe apparire disteso e con assenza di evidenti pieghe, con una forma più o meno panciuta della vela nella zona del boma, ed, invece, un aspetto più o meno allentato in balumina, cioè nella parte alta.
Nel video che segue, abbiamo riassunto ed esposto i concetti sin qui illustrati:
Tutto questo procedimento, che scritto così vi parrà un po' complesso, in realtà con la pratica, vi verrà facile e rapidissimo; specie se fuori soffiano 20 nodi, e voi non state più nella pelle dalla voglia di uscire! E' uno degli aspetti positivi del windsurf: in 15 minuti circa il rig è pronto.
Prima di uscire, se avete tempo, di solito si consiglia un'ultima verifica diciamo generale del rig, ed in particolare della posizione delle cimette del trapezio e dell'altezza del boma (a patto che non ci sia vento talmente forte, da rendere tale operazione pericolosa): puntandovi con un piede sulla base della vela, tirate su la vela, fino a farla arrivare verticale; attenzione a non farlo su superfici che possono rovinare la prolunga, o far entrare nella stessa della sabbia o della terra (l'ideale quindi è un tappetino di gomma o di erba sintetica).
Controllate a questo punto che la maniglia vi arrivi più o meno all'altezza dello sterno. Inoltre - questo vi servirà poi in acqua - dovreste verificare anche che le cime del trapezio siano fissate in modo corretto, cioè più o meno in corrispondenza del centro velico, ovvero in corrispondenza del punto sulla vela dove si concentra la forza di spinta del vento: se il vento è leggero, potete gestire la vela, tenendo il boma con una sola mano, e cercare la posizione della mano che vi garantisce la possibilità di tenere la vela stabilmente con quella sola mano. Quella risulterà la posizione dove collocare le due estremità di ciascuna cima del trapezio (vicine o distanziate al massimo di un pugno). Alternativamente, potete trovare il punto dove posizionare le cimette sul boma, con la vela a terra in orizzontale, sollevando il boma con una mano. Cercherete il baricentro, ovvero quel punto che vi consente di tenere la vela stabilmente con una mano, senza che questa si inclini verso terra dalla parte dell'albero o della bugna. Il baricentro non corrisponde al centro velico, ma così individuerte una regolazione approssimativa per la posizione delle cimette, che poi affinerete in acqua. Quest'ultima, a prescinderete da quello che avrete fatto a terra, dovrà essere effettuata con questi riferimenti: se, per tenere la vela in andatura, dovete tirare di più con il braccio di prua, vuol dire che la posizione delle cimette sul boma è troppo arretrata e dovrete quindi posizionarle leggermente più avanti (verso prua); il contrario, nel caso in cui, in andatura, dovete tirare di più con il braccio di poppa.
La lunghezza delle cimette, in media, dovrebbe essere all'incirca tale da far entrare il gomito nella "u", impugnando, a polso piegato, il boma al centro fra l'attacco delle due cime. Oppure, potete verificare la lunghezza delle cimette, verificando che, in acqua, quando siete agganciati, le cimette vadano in tensione poco prima della braccia (che devono rimanere solo lievemente flesse), in quanto altrimenti queste lavorerebbero al posto delle cimette, e vi stanchereste. Comunque, questa regolazione, entro certi limiti, dipende anche dai gusti personali e dalla disciplina praticata (ad esempio, nel waveriding tendenzialmente si tengono abbastanza lunghe, per potersi sganciare facilmente al bisogno). Considerate anche che cimette lunghe quanto sopra indicato, sono indispensabili per poter partire facilmente in planata: se siete impiccati, e troppo vicini alla vela, non avete modo di distendere la gamba di prua e spingere con essa sulla tavola, immediatamente a poppa del piede d'albero, per poter far accelerare la tavola, trasmettendole la potenza della vela (leggete, a questo riguardo, l'articolo sulla planata).
Ai principianti, consigliamo, dopo aver letto questo articolo, di guardare anche questo video relativo all'uso del trapezio.
PREPARAZIONE DELLA TAVOLA
Adesso rivolgiamo la nostra attenzione alla tavola. Qui c'è molto meno da fare: verificare, nelle tavole che ne sono provviste, che ci sia la deriva, infilarla e ripiegarla in posizione tutta rientrata.
Poi, va montata la pinna posteriore nella sua sede (scassa della pinna), secondo lo standard previsto per la nostra tavola (nella foto sotto, la comoda scassa passante di tipo power box). Probabilmente, se state leggendo questo articolo, non sarete ancora a livello di utilizzare tavole di volume ridotto multifins, ma sappiate che le tavole possono avere anche due, tre, o quattro pinne, e che oggi alcune tavole hanno fino a 5 scasse, per poter essere settate sia come trifin o come quad (4 pinne). Inoltre, esistono diversi tipi di attacco: oltre al citato power box, ci sono gli attacchi Tuttle (con due viti), Us-Box, Slot box, ed anche alcuni attacchi specifici usati solo da alcuni marchi.
Quindi, avvitate, più o meno a metà, nell'apposito binario, chiamato track dell'albero, il piede d'albero ormai con il consueto snodo flessibile integrato. Posizioni diverse del piede d'albero nel track (più appruato, o più appoppato) sono riservate a rider già più esperti che cercano di variare il comportamento della tavola a seconda delle condizioni (in estrema sintesi, piede appruato per vento leggero e per agevolare l'ingresso in planata; piede appoppato, per vento forte e per avere la tavola più reattiva).
Le straps (o cinghie ferma piedi). Queste tre (nelle tavole wave/freewave/freestyle), o, normalmente, quattro cinghie (nelle tavole freeride/slalom/race) servono solo da quando si va naviga in planata, per cui ci sono molti che consigliano persino di svitarle e metterle da parte, per i primi tempi.
Se si volesse, comunque, prepararle già subito per il loro utilizzo, un principiante dovrà fissarle in posizione tutta avanzata (verso prua), e verso il centro della tavola, e controllare che i piedi vi entrino in modo tale che esca dall'altra parte la base delle dita, evitando invece che la strap arrivi fino alla caviglia (rischio di farsi male). Anche in questo caso, la regolazione fine della larghezza delle strap dipende dai gusti, e dalla disciplina (più strette nel freeride/slalom per avere più controllo del bordo sopravento della tavola con i talloni in planata; più larghe nel wave, per agevolare la poggiata nel bottom, e più in generale in frequenti cambi di direzione).
Consiglio pratico: sarà utile, se la nostra tavola - come purtroppo ormai poche - ha in prua un anello o un foro, collegarvici una piccola asola di corda, a cui, in caso di recupero da parte di imbarcazioni di salvataggio o simili, sarà facile collegare cime anche di dimensioni maggiori. Qualcuno poi (nel salvagente, nell'imbrago del trapezio, o da qualche altra parte, ha la buona abitudine di portarsi dietro uno stroppino da 4 mm, per sostituire il caricabasso o la cima di bugna, o quella della maniglia del boma in caso di rottura in acqua).
IMPORTANTISSIMO: la stragrande maggioranza delle tavole moderne per riders medi ed avanzati, ma oramai anche molte tavole da principianti, hanno una vite posizionata davanti o dietro il track dell'albero, questa è la valvola di sfiato della tavola che serve, nelle tavole in sandwich, per evitare che gli sbalzi di pressione interni, dovuti in primis al surriscaldamento della tavola causato dal sole estivo, ma anche ad altri fattori (trasporto in aereo o in montagna, per esempio), causino danni anche gravissimi alla tavola. Quindi, è indispensabile ricordarsi di chiuderla come ultima cosa delle operazioni di preparazione, stringendo bene ma senza esagerare, in modo che la piccola guarnizione che sta sotto la testa della vite faccia tenuta, ed impedisca l'entrata di ogni minima traccia d'acqua; poi, alla fine della giornata, ma anche ogni volta che lasciamo la tavola sotto il sole specie estivo per più di qualche minuto, dovremo ricordarci di aprirla svitandola di qualche giro. In realtà, potete anche evitare di svitare la valvola, per non rischiare (come successo a molti) di entrare in acqua con la valvola aperta, facendo entrare nella tavola acqua. Ciò è possibile, se gli spot che frequentate sono spot dove non fa eccessivamente caldo, o, se state sempre attenti a non lasciare la tavola al sole per più di qualche minuto, spostandola prontamente all'ombra, quando non la utilizzate. Se dovesse capitarvi di entrare in acqua con la valvola aperta, tornate immediatamente a riva, e lasciate la tavola al sole per alcuni giorni (dipende da quanta acqua può essere entrata), con la valvola completamente svitata (e rimossa).
UNIONE DEL RIG E DELLA TAVOLA E TRASPORTO IN ACQUA
Siamo arrivati al momento di attaccare il rig alla tavola, per poi entrare in acqua. Questa operazione, a rigore, va fatta sul bagnasciuga, ovviamente sulla parte dove non arrivano le onde, anche se, in caso di acqua relativamente piatta, di vento leggero, e di fondale basso dinanzi alla riva, può essere fatta anche in acqua, portando dal bagnasciuga prima la vela, e poi la tavola (in uscita faremo il contrario: prima si porta fuori la tavola dall'acqua - in quanto abbandonata a se stessa corrente, vento ed onde, facilmente la potrebbero allontanare - e poi la vela, senza indugiare troppo tempo).
Ma per arrivare al bagnasciuga, se abbiamo montato lontano?
In caso di tavole principianti di volume (e peso) generoso, prima, porteremo la tavola che potremo portare sottobraccio tenendola per la deriva, o la scassa della deriva se ne è provvista; se è senza deriva, potremo portarla sottobraccio reggendola per piede d'albero; oppure, rovesciata sulla testa (ma in caso di viaggi lunghi, le braccia sollevate vi si stancherebbero), poppa in avanti, e tenendola per le due straps anteriori (o per i bordi); quest'ultimo modo richiede attenzione, ma presenta il vantaggio di offrire meno superficie laterale alla raffiche.
La vela andrà portata per seconda (avendola, però, lasciata, nel frattempo, in un posto sicuro), specie in caso di vento forte, perche altrimenti lasciandola sulla spiaggia da sola per prendere la tavola, potrebbe volarsene via... In caso di vento dal mare, potremo portarla, sopra la testa, dirigendoci verso l'acqua con il piede d'albero in avanti, tenendo una mano sul boma (più o meno al centro) e l'altra sull'albero. Se il vento è un po' laterale, porteremo la vela, tenendola con l'albero rigorosamente sopravento.
Molti, poi, portano la vela, specie in caso di vento non esattamente dal mare, tenendola con l'albero appoggiato ad un fianco, ed impugnando il boma e l'albero, in modo da bilanciarla anche con l'aiuto del vento. Quando sarete più bravi, ed utilizzerete tavole più piccole, imparerete a trasportare rig e tavola, già uniti insieme, fino al bagnasciuga.
Il metodo classico e più corretto per entrare in acqua, dal bagnasciuga è questo: ipotizzando un classico vento onshore (cioè diritto dal mare), posizioniamo la vela da una parte con la maniglia e l'albero dalla parte del vento (e del mare) e la bugna sottovento, teniamo il rig per il boma con una mano, e la tavola con l'altra mano, afferrandola da una strap anteriore, con la poppa sopravento. Se il vento non è perfettamente onshore, manteniamo comunque l'orientamento sopra citato dei diversi componenti rispetto al vento.
Allora, per entrare in acqua, congiungiamo adesso tavola e rig, mettendo la tavola di taglio (perpendicolare sulla spiaggia), per infilare l'innesto del piede d'albero nella prolunga, fino al "clack" di blocco. Verifichiamo che l'asola terminale della cima di recupero sia rimasta correttamente infilata attorno alla prolunga dell'albero. Adesso prendiamo, voltati verso terra (cioè con la schiena verso il vento), la tavola per la strap esterna anteriore, e il rig per il boma vicino alla maniglia. Se la nostra tavola non ha le straps, prendiamola dalla parte del fondo per la scassa della deriva, o per la deriva stessa dopo averla estratta un po'. Dopo di che, solleviamo il tutto e, camminando lentamente all'indietro, con cautela e controllando sempre in tutte le direzioni, dirigiamoci in acqua, arrivando fino a dove l'acqua ci arriva più o meno al ginocchio. Se nel trasportarla, ci avvediamo che la punta e/o la balumina della vela, la bugna del boma, o la punta della tavola strisciano per terra, procediamo con cautela, sempre che non vi siano sassi appuntiti, conchiglie, o simili nel qual caso sarà meglio valutare un trasporto separato in acqua della vela, per prima, e poi della tavola.
Ora, siamo pronti per iniziare la nostra sessione.
Consiglio pratico: nel caso dovessimo poi lasciare per un po' di tempo l'attrezzatura in spiaggia, per esempio per riposarci un po', ricordiamoci di posizionare tavola e vela innanzitutto al di fuori dell'azione della risacca, ben sull'asciutto, ed inoltre sempre con la vela sottovento rispetto alla tavola; meglio, poi, se posizioniamo la tavola rovesciata, o se dritta con la pinna piantata nella sabbia. Se la tavola non fosse collegata al rig, si usa anche infilare la tavola fra il boma e la vela (con la base dell'albero sempre orientata nel vento), piantando la pinna nella sabbia.
Il rispetto di questi consigli è obbligatorio in caso di vento forte, ma non è male imparare a posizionare l'attrezzatura correttamente già con vento debole. Ricordiamoci che un rig impazzito che vola via può fare danni a persone e cose, per cui non lasciamolo mai da solo e scollegato rispetto alla tavola in pieno vento, o collegato, ma sopravento rispetto alla tavola.
Buon vento. Nico e Fabio
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